Sidone

Fabrizio De André & Mauro Pagani
Crêuza De Mä
1984

Ascolto De André da una vita eppure calarsi nel barcone di Crêuza De Mä è ogni volta diverso; sin dall’inizio gli autori, Faber scrittore e Mauro Pagani compositore, hanno inteso quest’opera come una delle tante perle del Mediterraneo (motivo per cui lingua ufficiale dell’album è il ligure, da secoli parlato in queste acque e ricco di parole tronche e sdrucciole, molto utili e duttili in quanto a metrica) dunque torna facile immaginarsi sulle onde all’ascolto dell’album.

In particolare la terza traccia approda nel porto di Sidone, città che nell’82 subì l’attacco delle truppe del generale Sharon nel contesto della guerra civile da anni furente in Libano; introdotto dalle voci di Ariel Sharon e Ronald Reagan, prontamente seguite da applausi, De André canta di un padre che perduto il bimbo sotto i cingoli di un carro armato si trova a piangerne la scomparsa in questa città che brucia. C’è poi il bouzouki di Pagani con le sue meste ridondanze ed il finale con coro gutturale e profondo che ben delineano l’umore del pezzo, il suo entroterra.

Dice Sharon:

Loro discutono a Washington, discutono. Ho sentito che Arafat da un lato è abbastanza soddisfatto, non completamente, sì, e io continuo a seguire con i miei amici vicini, insieme con i miei amici…

Poi Reagan:

In una dichiarazione, questa mattina, ho sottolineato la profonda ammirazione che l’America prova per il ruolo costruttivo e coraggioso che l’Italia sta svolgendo a livello mondiale.

Testo in ligure
U mæ ninin u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d’amë d’amë
tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu ’nta maccaia
de staë de staë
e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu’a scciûmma a a bucca cacciuéi de baë
a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch’u sangue sarvaegu nu gh’à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d’ä prixún
e ’nte ferie a semensa velenusa d’ä depurtaziún
perchè de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce ni ærbu ni spica ni figgeü
ciao mæ ’nin l’eredítaë
l’è ascusa
’nte sta çittaë
ch’a brûxa ch’a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a.

Traduzione italiana
Il mio bambino il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell’afa umida
dell’estate dell’estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al molo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l’eredità
è nascosta
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua piccola morte.

A mio parere Sidùn è il pezzo più trascinante ed angosciante di un album fondamentale nel panorama della World music italiana e non.

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